E’ stato presentato a Messina, con un evento promosso dall’Ordine degli Avvocati presso il loro Dipartimento Cultura e Servizi, in collaborazione con la libreria Bonanzinga, il nuovo libro del noto giornalista e scrittore, nonchè volto televisivo popolare di tante trasmissioni di approfondimento politico, Stefano Zurlo, “Il nuovo libro nero della Magistratura”, edito da Baldini e Castoldi.
Il libro è naturalmente di quelli che fanno e faranno discutere, caldo e per sua natura un pò scomodo visto l’argomento, ma non trancia mai giudizi sommari, anzi distingue sempre il generale dal particolare, riservandosi piuttosto l’esposizione asettica di casi circoscritti, una assoluta minoranza dice lo stesso Zurlo, che naturalmente non fanno bene all’immagine della magistratura e che appunto per questo vanno sanzionati anche molto severamente dall’interno del potere giudiziario e da fuori attraverso la conoscenza e la divulgazione.
Il titolo, sempre di straordinaria attualità nel bene e nel male della percezione sulla giustizia in Italia, già rimanda immediatamente a spiccata curiosità, retroscena, fatti e misfatti, in verità spesso assai gravi, dall’abuso, alla corruzione, ai rapporti trasversali di scambio con i poteri, commessi da singoli magistrati nell’esercizio di una funzione costituzionale così rilevante per la vita democratica nazionale e i diritti fondamentali della persona. Molte vicende narrate sono in effetti eclatanti. Il libro però vuole illuminare per esporre le ombre nere sempre possibili in ogni ambiente, proprio per la debolezza delle persone o il particolare animo, e far risaltare tutto il resto, migliaia di magistrati che ogni giorno con dignità, coraggio, sacrificio e competenza assolvono un ruolo costituzionale cosi importante per la comunità.
La Magistratura è un pilastro della democrazia e fondamentale la sua libertà e indipendenza, ma altrettanto essenziale è il rapporto costante di fiducia con la cittadinanza per lo Stato di diritto, quindi deve sempre isolare e perseguire ogni eventuale devianza interna e violazione delle regole etiche e comportamentali, oltre naturalmente quelle di legge. Proprio perchè in gioco ci sono i diritti delle persone e spesso la loro libertà.
Sia detto subito che Stefano Zurlo, inviato di punta del “Il Giornale”, milanese figlio di avvocati, dallo stile che conosciamo, sempre diretto, asciutto, informato, coinvolgente, si limita a far conoscere e riportare all’opinione pubblica, e a chi legge le sue davvero interessanti pagine, fatti oggettivi, elementi e circostanze strettamente emerse dagli atti e dalle sentenze della Sezione Disciplinare del CSM, il Consiglio Superiore della Magistratura. Di cui spesso si sa poco o nulla. C’è, cioè, sempre una fonte interna, certa e precisa, a monte di quanto viene raccontato e che non di rado lascia veramente esterrefatti circa gli incredibili episodi accaduti sul campo processuale e di alcuni suoi protagonisti togati finiti appunto al Disciplinare del CSM.
Si va dal giudice che dai suoi imputati aveva ricevuto sei automobili a prezzo stracciato, quello violento con la moglie, il magistrato che aveva chiesto biglietti a grappolo per una partita di calcio più pernottamenti multipli in hotel, il pubblico ministero che fa circolare un dossier per screditare la collega perchè legata al sindaco che lui aveva fatto arrestare, e ancora addirittura due pm che terrorizzavano i testimoni di una inchiesta su tangenti nella pubblica amministrazione e così via, tutte storie incredibili ma verissime.
Zurlo non imposta teoremi nè azzarda soluzioni, che spettano alla politica, rimarca egli stesso, e per la parte di competenza alla stesso ordine giudiziario. Purtroppo spesso per la maggior parte dei casi esposti, non si va oltre l’ammonimento o la censura, non viene quasi mai toccata l’anzianità di carriera o misure più severe. L’autore si assegna il compito civile e giornalistico di porre i temi sul tavolo, in questo caso spesso molto scottanti, per aprire un varco e indirettamente contribuire a costituire un deterrente per chi domani potrebbe incorrere in vicende simili, visti i riflettori che possono sempre accendersi da parte dei media, quando molto vigili e attenti. Per la serie, anche voi siete sotto stretta osservazione, dice tra le righe Zurlo. Come in fondo è giusto che sia, anche per i giudici.
Ovviamente non è mai in discussione chi esercita la giurisdizione in quanto tale e la stragrande parte sana della magistratura nel suo complesso e il suo operato, ma pochi singoli giudici dal comportamento personale molto scorretto e lesivo dei diritti dei cittadini, offensivo del rispetto e dell’onorabilità della magistratura tutta, tale da finire al vaglio e al giudizio dei loro colleghi dell’organo disciplinare del CSM e su cui porre sempre grande attenzione.
Non è la prima volta che Zurlo, autore di varie inchieste, tocca queste tematiche, in un certo senso è un seguito, nel 2020 aveva già pubblicato ” Il libro nero della Magistratura”. Aveva avuto successo e l’editore gli ha chiesto di insistere con questa nuova uscita che potrebbe preludere chissà ad una serie successiva, la materia prima è abbondante nel nostro paese, dice l’autore. Stefano Zurlo è ben addentro questi mondi e scrive con competenza e dovizia di informazioni accurate. Si era già occupato di clamorosi errori giudiziari in altre pubblicazioni. “L’uomo sbagliato. Il caso Barillà ” ( 2005), da cui è stata tratta l’omonima fiction per Rai 1. “La legge siamo noi. La casta della giustizia italiana” (2009). “Prepotenti e impuniti (2011) . “Il libro nero delle ingiuste detenzioni”. (2021)
Naturalmente intorno a questi scioccanti aneddoti raccontati in una avvincente carrellata nel libro, si sono intrecciate, nell’incontro di presentazione dell’Ordine degli Avvocati di Messina, discussioni a più largo raggio sulle funzioni e sul potere reale della magistratura nel nostro paese, lo stato della giustizia civile e penale, le riforme in corso e il dibattito parlamentare e politico, la custodia cautelare, i grandi errori giudiziari.
L’evento si è svolto sotto forma di una animata ma pacifica e dialettica conversazione tra l’autore e il magistrato Vincenzo Barbaro, già Procuratore Generale a Messina, costruttivamente critico su tanti passaggi e attento a quanto riportato, che in particolare si è soffermato sulla distinzione tra ruolo inquirente e giudicante nel nostro paese, anche alla luce delle altre esperienze e normative europee ed americane, sostenendo che esiste uno specifico italiano di non facile soluzione legislativa a seconda del ruolo che realmente si intende attribuire per il futuro al pubblico ministero da parte del Parlamento.
Oggetto di riflessioni e interventi da parte di tutti la assoluta terzietà del giudice, dinanzi alle figure contrapposte dell’accusa e della difesa e la necessità di una rigida separazioni di ruoli e carriere o meno, anche alla luce della riforma Nordio. Sullo sfondo ancora il tema di sempre, la precarietà naturale di chi esercita il potere legislativo ed esecutivo, perchè parlamentari e ministri sono a tempo, oltre che essere soggetti al consenso e quando sbagliano possono sempre essere cambiati, mentre chi esercita il potere giurisdizionale è di fatto inamovibile fino a fine carriera.
Argomenti eterni del dibattito italiano, complessi e vitali, che pure cominciano a trovare alcuni sbocchi in un clima meno bellicoso e più conciliante rispetto al passato, sebbene sempre con un colpo al cerchio e uno alla botte. Ha introdotto e presentato gli ospiti l’Avvocato Paolo Vermiglio, Presidente dell’Ordine di Messina, moderando l’incontro insieme all’Avv. Massimo Rizzo e sono intervenuti nel breve dibattito l’Avv. Bonni Candido, Presidente della Camera Penale di Messina e l’Avv. Giovanni Arena, Vice Presidente dell’Ordine.
di | Fonte: Yescomment